Da una gravidanza difficile alla relazione madre-bambino.

M. Galimberti*,  L. Carrara**

Il tema dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione o Disturbi Alimentari (DA) è sempre più al centro dell’attenzione clinica come problematica non solo diffusa ma anche in espansione; in Italia, si stima  che le persone affette da DA siano pari a 2-3 milioni, con un picco in età adolescenziale come fascia evolutiva verso cui la ricerca e la clinica si sono infatti prevalentemente concentrate. 

Nell’ultimo decennio, tuttavia, è emersa la necessità di occuparsi di tali disturbi anche in età fertile, dove colpiscono il 5-7% delle donne giovani-adulte, con importanti ripercussioni su uno degli eventi del ciclo di vita più intimi oltre che esclusivi del mondo femminile: la gravidanza e il divenire madre. 

L’attenzione e gli sforzi empirici fino ad ora compiuti evidenziano la necessità di sviluppare strumenti (es. indagini incluse nel check-up ostetrico) efficaci nell’individuare problematiche alimentari attuali, ma anche residue o passate, nelle donne che intraprendono una gravidanza al fine di poter intervenire con percorsi clinico-terapeutici di supporto e di prevenzione rispetto agli effetti dei DA sulla madre, sul bambino e sulla loro relazione.  

La fertilità femminile è una delle dimensioni personali a risentire maggiormente delle conseguenze fisiche dei disturbi alimentari. Irregolarità e complicanze ormonali (es. bassi livelli di estradiolo e progesterone, amenorrea…), così come disfunzioni della sfera sessuale (quali dolore genito-pelvico e assenza del desiderio e dell’eccitazione sessuale) colpiscono infatti gran parte delle giovani donne adulte che soffrono di DA, come conseguenze dirette di un corpo sottoposto a importanti carenze nutrizionali e/o caratterizzato da un inadeguato indice di massa corporea.

L’infertilità rappresenta la complicazione riproduttiva più grave dei Disturbi Alimentari: i tassi di gravidanza risultano infatti significativamente inferiori nelle donne che hanno sofferto o soffrono di tali disturbi rispetto al gruppo di donne di controllo (Linna, 2013). 

D’altra parte la ricerca attuale dimostra la presenza di un quadro più complesso di complicazioni riproduttive causate dai DA, di diversa natura ed estendibili allo stato di gravidanza, alla salute fisica e psicologica della madre e del bambino fino alla loro relazione (reciprocità diadica). 

Effetti intra e post-partum sulla salute di madre e bambino.

L’interazione fisiologica e psicologica tra Disturbi Alimentari e stato di gravidanza comporta significativi effetti a breve e a lungo termine sull’evento nascita e sul divenire madre, predisponendo la donna a complicazioni ostetriche e ad effetti fisici e psicologici che si estendono dalla gravidanza fino al periodo post-partum. 

Come principali conseguenze inerenti il decorso della gravidanza e il parto associate alla presenza, passata o attuale, di un Disturbo Alimentare, i dati empirici finora raccolti evidenziano: iperemesi gravidica, condizione di preclampsia, aumento di peso insufficiente, tassi elevati di aborti (indotti e spontanei), parto pretermine e ricorso a parto cesareo con rischio maggiore di ulteriori complicazioni mediche (es., emorragie, formazione di trombi, infezioni…). 

Tali condizioni inevitabilmente interessano tanto la salute della donna quanto quella del bambino, esposto ad un rischio maggiore di complicazioni intra e post-partum con effetti diretti sul suo stato di salute. Nello specifico, gli effetti associati alla presenza un Disturbo Alimentare materno sono: ridotta crescita fetale, SGA (Small for Gestational Age, piccoli per età gestazionale in peso e altezza), incremento del rischio di microencefalia, morte perinatale, nascita prematura, basso peso alla nascita, anemia e basso indice di Apgar. Non solo, tali condizioni rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di successive complicazioni inerenti la salute del bambino, ad esempio il basso peso alla nascita incrementa il rischio nel corso dell’esistenza di insulino-resistenza, diabete mellito di tipo 2 e ipertensione (Triunfo, 2015). 

Sono due i presupposti di base che hanno motivato clinici e ricercatori a rivolgere l’attenzione all’interazione tra DA e gravidanza, con la convinzione che l’effetto di tali disturbi non si limiti a complicazioni ostetriche e inerenti la salute fisiche di madre e bambino. 

La gravidanza coinvolge innanzitutto la donna in ogni sua dimensione, compresa quella corporea, che occupa un posto centrale nei Disturbi Alimentari. Inoltre, le irregolarità ormonali che accompagnano tali disturbi fanno sì che spesso le gravidanze non siano programmate, predisponendo dunque queste donne ad un maggior rischio di incorrere in difficoltà psicologiche ed emotive già potenzialmente conseguenti all’evento nascita e ai profondi cambiamenti di vita ad esso correlati (es. depressione post-partum). 

Le ricerche attuali dimostrano che la presenza di un DA durante la gravidanza è associata ad un peggioramento della sintomatologia tipica di tali disturbi, in tutti i suoi aspetti cognitivi, comportamentali e psicologico-emotivi. In particolare, le donne che iniziano una gravidanza mentre soffrono di un disturbo alimentare (di severità diversa, comunque non risolto con la piena guarigione) presentano un aumento delle preoccupazioni inerenti il peso e la forma del corpo, della dispercezione e dei vissuti di insoddisfazione corporea, adottano regole e restrizioni alimentari ancora più rigide associate a condotte compensatorie (vomito autoindotto, uso di lassativi, esercizio fisico eccessivo…) ed esperiscono con maggiore frequenza vissuti d’ansia e depressivi

In alcuni casi, però, la gravidanza sembra possa avere un impatto positivo sul decorso dei DA, con un iniziale miglioramento della sintomatologia: alcune donne acconsentono infatti ad avere un’alimentazione regolare e nutrizionalmente adeguata per la salute del figlio e ripongono nella gravidanza stessa la speranza di una guarigione completa dal disturbo. In questi casi, tuttavia, si assiste tendenzialmente ad una riattivazione post-partum della sintomatologia, specialmente delle preoccupazioni inerenti l’immagine corporea. 

La letteratura scientifica sui DA include infine un filone di ricerche in cui l’attenzione si rivolge a donne in stato di gravidanza con un passato di Disturbo Alimentare, all’epoca risoltosi con una guarigione completa. Alcune di queste donne mostrano manifestazioni sintomatologiche tipiche dei DA, quali restrizioni dietetiche e preoccupazioni inerenti l’aumento di peso e la forma del corpo, come se la gravidanza stessa rappresenti un fattore di rischio per ricadute a distanza di molti anni. Si tratta di dati ancora in fase di approfondimento, ma attualmente la letteratura è propensa a leggere tali aspetti sintomatologici come manifestazioni di fragilità e fatiche psicoemotive a volte conseguenti al diventare madre, che trovano così una via preferenziale di espressione in modalità e comportamenti già conosciuti, cioè legati al disturbo esperito in precedenza

Effetto relazionale precoce dei DA: la reciprocità diadica. 

L’impatto dei Disturbi Alimentari si estende non solo alla salute di madre e bambino, con complicanze pre/intra e post-partum di diversa entità, ma anche alla loro relazione

Nel periodo neonatale l’alimentazione, al pari del gioco, rappresenta il contesto interattivo privilegiato per lo sviluppo della reciprocità relazionale tra madre e bambino e delle sue abilità socio-comunicative.  La nutrizione neonatale richiede una regolazione reciproca che presuppone innanzitutto una serie di competenze materne quali il riconoscimento degli stati mentali e intenzionali del neonato, la sensibilità (sensitivity) nel cogliere e rispondere in modo contingente ai segnali di fame/sazietà e ai ritmi di suzione conseguenti, la partecipazione empatica all’esperienza vissuta dal bambino… 

La presenza di profonde problematiche materne legate all’alimentazione influenza inevitabilmente l’atto nutritivo neonatale, impedendo la sincronia necessaria tra madre e bambino, tra azioni di riflesso di quest’ultimo e modalità interattive di risposta materne. 

I dati empirici evidenziano infatti che le madri con un Disturbo Alimentare presentano pattern interattivi disfunzionali e minore sensibilità e adeguatezza durante l’atto nutritivo; in particolare, queste madri posizionano i loro figli in modo meno confortevole e meno facilitante la reciprocità visiva e corporea, fanno meno commenti positivi sul bambino e sulla sua capacità di nutrirsi, manifestano minore capacità di riconoscimento dei segnali di fame/sazietà e di adattamento ai ritmi del bambino (pause-riprese) e si mostrano più tristi e distaccate. A loro volta i bambini appaiono più stressati e meno sereni e si registra un maggior numero di episodi di pianto.  

L’impatto dei DA si protrae con l’avvio della prima infanzia: le madri infatti tendono ad estendere le proprie modalità e convinzioni alimentari ai figli, sottoponendoli a schemi e regole alimentari rigide quali un preciso timing dei pasti (es. esclusione di snack tra un pasto e l’altro), un’eccessiva selettività alimentare (es. esclusione dei dolci) e manifestano ricorrenti preoccupazioni circa il loro peso e forme corporee, specialmente se femmine. La crescita ponderale dei bambini rischia così di essere influenzata da conflitti di natura relazionale durante i pasti, come risultato di tentativi da parte dei bambini di opporsi a imposizioni alimentari materne rigide attraverso la messa in atto di irregolarità nei ritmi alimentari fino al rifiuto completo dei pasti. 

*M. Galimberti, Psicologa, Psicoterapeuta referente Area Disturbi del Comportamento Alimentare
**L. Carrara, Psicologa

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Riferimenti bibliografici

Arnold C., Johnson H., Mahon C. e Agius A. (2019), “The effects of eating disorders in pregnancy on mother and baby: a review.” Psychiatria Danubina, 3, 615-618.
Linna M.S., Raevouri A., Haukka J., Suvisaari J.M., Soukas J.T. e Gissler M. (2013), “Reproductive healt outcomes in eating disorders.” Int. J. Eat. Disord. 46, 826-33.
Squires C., Lalanne C., Murday N., Simoglou V. e Vaivre-Douret L. (2014), “The influence of eating disorders on mothers’ sensitivity and adaptation during feeding: a longitudinal observational study.” BMC Pregnancy and Childbirth, 14:274.