A determinare l’inizio dell’adolescenza è il fenomeno fisiologico e universale della pubertà, che si manifesta attraverso le trasformazioni del corpo e la comparsa dei caratteri sessuali secondari, che accompagnano il raggiungimento della maturità delle ghiandole sessuali e la loro produzione di ormoni, diversi nel ragazzo e nella ragazza. Il corpo è il protagonista centrale di questo momento evolutivo e il cambiamento che si impone avvia un processo di trasformazione che coinvolge tutte le aree del funzionamento mentale. Esso introduce la discontinuità pur garantendo la continuità: è lo stesso corpo ma è un altro corpo, sconosciuto, di cui riappropriarsi (E.Pelanda). Il presentarsi di nuove possibilità, anche cognitive di astrazione e riflessione su di sè, pone l’adolescente di fronte all’individuazione, alla consapevolezza di sé, delle proprie possibilità e dei propri limiti. E’ un processo che mette in discussione le basi narcisistiche della personalità, cioè il senso di identità e di continuità con la propria storia, la fiducia e il senso di sicurezza e che ripone le basi per le scelte future.

Se la pubertà sancisce il punto di partenza di un innegabile cambiamento, la fine dell’adolescenza al contrario è più difficile da determinare. Nel corso degli ultimi decenni l’adolescenza si è notevolmente allungata, prolungando la moratoria tra la dipendenza del bambino e le responsabilità dell’adulto (“la famiglia lunga del giovane adulto”). Il film “Tanguy” a questo proposito ne è un’ottima rappresentazione. Ovviamente molte sono le cause sociali ed economiche che concorrono a determinare questo fenomeno: la maggiore durata del corso di studi e della formazione al lavoro, le difficoltà economiche che ritardano l’inizio di un inserimento lavorativo stabile, la precarietà professionale, la crisi dell’istituzione matrimoniale, una sempre più grande libertà dai vincoli di tipo sociale. Mai come negli ultimi anni gli adolescenti hanno vissuto il paradosso di una precoce acquisizione di spazi di autonomia insieme ad un ritardo crescente dell’entrata nella vita adulta.

Allo stesso tempo i rapporti tra genitori e figli sono cambiati profondamente rispetto al passato, all’interno di un contesto di famiglia “affettivizzata” in cui il “contratto educativo” non si basa più sull’instillazione di norme e valori sotto l’autorità del padre, ma passa attraverso il linguaggio dei sentimenti. Le barriere generazionali si annullano in un clima di confidenza e intimità, con una maggiore difficoltà ad affrontare il conflitto e a porre limiti e divieti, e con una conseguente accentuazione della dipendenza affettiva e difficoltà nella separazione.

Inoltre se in un passato anche recente l’identità adulta era organizzata in ruoli rigidi e sistemi di valori ben definiti, complessità e flessibilità sono i cardini dell’identità contemporanea. La cosiddetta “società globale” richiede identità flessibili e orientate al cambiamento (Bauman ha descritto l’ “identità liquida, diffusa”, fluida e indefinita). E’ più difficile oggi integrare questi “sé multipli”, molteplicità di parti che hanno pari dignità, pensieri ed emozioni diverse, collegamento tra passato e proiezione nel futuro, per arrivare al sentimento soggettivo d’unità e continuità personale (essere se stessi) nello spazio e nel tempo.

 

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