Di Chiara Mariasole Carugati* e Asia Olivo**

Il disturbo ossessivo-compulsivo

Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) è definito dalla presenza di ossessioni, compulsioni o entrambi. Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi intrusivi, persistenti e ricorrenti che sono vissuti come disturbanti, inappropriati e che nella maggior parte degli individui causano ansia o disagio marcati. Le persone che soffrono di tali ossessioni tentano di resistervi, sopprimerle o neutralizzarle mediante altri pensieri o azioni, cioè mettendo in atto una compulsione. Le compulsioni includono comportamenti ripetitivi che vengono messi in atto come lunghi rituali (ad esempio lavarsi le mani, controllare, mettere in ordine le cose più e più volte). Possono comprendere anche rituali mentali non osservabili dall’esterno (come contare o pronunciare ripetutamente determinate parole). I comportamenti o le azioni mentali sono volti a ridurre l’ansia o a prevenire alcune situazioni temute.

Le ossessioni e le compulsioni sono fonte di disagio, interferendo con le attività di ogni giorno.

La persona che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo, tuttavia deve riconoscere che le sue ossessioni sono il prodotto della propria mente, piuttosto che essere imposte dall’esterno, come può avvenire invece per la schizofrenia. Tuttavia, esiste un continuum di “insight” (consapevolezza) tra le persone affette da DOC, relativamente a quanto le loro ossessioni e compulsioni siano effettivamente percepite come prive di senso o eccessive. Solo in un numero ristretto di casi tale insight è assente per la maggior parte del tempo. 

La maggior parte di noi può dire di aver fatto delle esperienze di pensieri ossessivi minori, come per esempio l’essersi chiesti se ci siamo ricordati di chiudere la porta o di spegnere il gas. Tuttavia, solo il 2-3% degli individui, in un certo momento della vita, soddisfa i criteri per il DOC. Tra questi, più del 90% soffrono sia di ossessioni sia di compulsioni. 

Il DOC tipicamente esordisce nella tarda adolescenza o nella prima età adulta, ma si può trovare anche nei bambini. 
Nella maggior parte dei casi, il disturbo ha un esordio graduale e, una volta che si manifesta pienamente, tende ad essere cronico, sebbene la gravità dei sintomi possa andare incontro ad oscillazioni nel tempo.
La messa in atto del comportamento compulsivo o della serie di azioni ritualizzate, generalmente si accompagna ad una riduzione della tensione e ad un senso di soddisfazione e di controllo, sebbene tale sollievo dell’asia sia fugace. Questo è il motivo per cui i rituali necessitano di essere ripetuti più volte.

I disturbi psicotici

All’interno del DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) è possibile trovare una categoria chiamata “disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici”. Questi disturbi condividono, come tratto comune, la manifestazione della psicosi. Il pensiero psicotico di per sé è un sintomo, non una diagnosi, e come sintomo può presentarsi anche in altri disturbi che non appartengono a questa classe. La psicosi può essere definita come una perdita di contatto con la realtà, dovuta a esperienze sensoriali inusuali (come le allucinazioni), oppure dovuta ad una o più convinzioni non accettate dalla maggior parte delle persone (come può essere un delirio). 

La schizofrenia e i disturbi psicotici sono caratterizzati da anomalie in uno o più dei seguenti ambiti: allucinazioni, deliri, eloquio disorganizzato, comportamento motorio grossolanamente disorganizzato o anormale e sintomi negativi. 

Un’allucinazione è un’esperienza sensoriale che sembra reale alla persona che la sta avendo, ma avviene in assenza di qualsiasi stimolo percettivo esterno. Le allucinazioni spesso hanno rilevanza per il paziente a livello affettivo o comportamentale (per esempio l’individuo può agire sulla base della propria allucinazione). 

Un delirio è una credenza erronea che è fissa e fermamente mantenuta nonostante la chiara evidenza di contraddittorietà. Se i deliri riflettono un disturbo nel contenuto del pensiero, l’eloquio disorganizzato è la manifestazione esterna di un disturbo nella forma del pensiero. 

Una persona con eloquio disorganizzato non è comprensibile, nonostante sembri usare il linguaggio in modo convenzionale. Le parole suonano comunicative, ma l’ascoltatore comprende solo in parte o per nulla ciò che viene detto dall’individuo. 

Il comportamento grossolanamente disorganizzato può manifestarsi in diversi modi: abbigliamento strano o inusuale, catatonia, postura inusuale. Nella schizofrenia in particolare, il comportamento orientato ad uno scopo è quasi sempre compromesso.

Tutti questi sintomi sono definiti positivi, in quanto rimandano ad un eccesso o distorsione nel normale comportamento ed esperienza. Al contrario, i sintomi negativi riflettono un’assenza o deficit nei comportamenti che sono normalmente presenti. Tra questi troviamo una ridotta espressività, una riduzione nella motivazione o nell’esperienza del piacere.

Il rischio di sviluppare la schizofrenia o un altro disturbo psicotico nel corso della vita è inferiore all’1%. La maggior parte dei casi esordisce in tarda adolescenza e nella prima età adulta, anche se si possono trovare rari casi nei bambini o al contrario un esordio iniziale nella mezza età o più tardi.

Correlazioni fra DOC e psicosi

È possibile riscontrare in letteratura diverse ricerche che dimostrano l’esistenza di una correlazione fra il disturbo ossessivo-compulsivo e le psicosi. Questa relazione è stata analizzata seguendo due filoni di ricerca: 

  • valutando la frequenza delle ossessioni e compulsioni in pazienti psicotici;
  • ricercando sintomi psicotici in soggetti con iniziale diagnosi di DOC.

Sintomi ossessivo-compulsivi (SOC) sono stati rilevati in una percentuale di soggetti schizofrenici che varia dal 30 al 59% (Bland et al. 1987; Berman er al. 1995), mentre la diagnosi di DOC nel 7,8% dei casi (Eisen et al. 1997). Inoltre, il tasso di prevalenza del DOC è del 20% in pazienti schizofrenici ospedalizzati (Ciapparelli et al., 2007). 

Sintomi psicotici sono stati riscontrati nel 14% di pazienti affetti da DOC, con un tasso di schizofrenia dal 4 al 12% (Karmo et al. 1988; Eisen e Rasmussen 1993; Thomsen e Jensen 1994). 

Inoltre, ulteriori ricerche dimostrano che il tasso di comorbilità tra DOC e schizofrenia varia dal 7% al 26% (Eisen et al. 1997; Fabisch et al. 1997; Porto et al. 1997; Poyurovsky et al 1999; Tibbo et al. 2000).

La relazione tra DOC e disturbi psicotici è stata uno dei temi classici di riflessione psicopatologica e oggetto di discussione sin dalle origini della moderna psichiatria.

Secondo Kraepelin le transizioni dall’ossessione verso altre malattie mentali, specialmente il delirio non sembravano possibili. Questa visione tuttavia è stata smentita da una serie di autori che hanno descritto la trasformazione di idee ossessive in deliri. Primo fra tutti troviamo Bleuler (1911), secondo cui tra i sintomi precoci d’esordio della schizofrenia sarebbero presenti anche le idee e gli impulsi coatti, tipici del disturbo ossessivo-compulsivo. Egli osservò che molti pazienti schizofrenici potevano, all’inizio del loro percorso psicopatologico, essere erroneamente diagnosticati come ossessivi. Anche Jaspers (1913) e in seguito Binswanger (1957) sottolinearono la possibilità di una trasformazione di idee ossessive in deliri transitori nei pazienti al culmine di uno stato emotivo anancastico. Nel 1978 Westphal descrisse l’irrazionalità e la bizzarria di certi fenomeni ossessivi, i quali lo indussero a sospettare di trovarsi di fronte a veri e propri prodromi o a varianti di una psicosi.

Dunque, secondo questi autori sembrerebbe che in alcuni individui la presenza di ossessioni possa preannunciare un successivo quadro psicotico. 

Sulla base di queste teorie, numerosi studiosi si sono domandati se il ruolo del DOC potesse essere considerato un ulteriore fattore di rischio per l’insorgenza della schizofrenia. 

Studi retrospettivi, condotti prima dell’introduzione di criteri diagnostici standardizzati per il DOC e la schizofrenia, suggerirono che la presenza di sintomi ossessivo-compulsivi clinicamente significativi in pazienti con schizofrenia fosse associata ad una prognosi relativamente migliore (Rosen, 1957). In seguito, è stato invece scoperto che i pazienti schizofrenici con rilevanti sintomi ossessivo-compulsivi presentavano una prognosi peggiore, in termine di esiti a lungo termine, del funzionamento globale e dell’ambito socio-lavorativo e psicopatologico (Fenton et al., 1986).

Per chiarire questo aspetto potremmo avvalerci del contributo di Reznik (2005), secondo cui bisognerebbe fare attenzione al momento in cui i sintomi ossessivi insorgono rispetto alla storia di schizofrenia. Egli sottolineò la necessità di distinguere tra persone che esperiscono fenomeni ossessivi prima dello sviluppo del processo schizofrenico, e persone che fanno esperienza degli stessi fenomeni all’inizio o nel corso della schizofrenia. Questa distinzione chiarirebbe le differenze a livello di manifestazioni cliniche, oltre che ad avere importanti implicazioni a livello psicoterapeutico.

Reznik mostrò che mentre un disturbo ossessivo-compulsivo preesistente alla schizofrenia sembrerebbe avere un effetto protettivo, portando a uno sviluppo meno distruttivo, i sintomi ossessivo-compulsivi emergenti all’inizio o nel corso della schizofrenia indicherebbero una maggiore disorganizzazione, portando a sviluppi cronici e ad esiti a lungo termine più sfavorevoli.

Dunque, sembrerebbe che i sintomi ossessivi siano correlati alle psicosi e per la precisione condurrebbero ad un peggioramento del quadro. 

Alcuni studiosi si sono chiesti se questa relazione possa valere anche in direzione opposta, ovvero se la presenza di sintomi psicotici in pazienti con diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo possa essere un potenziale fattore di rischio. 

Secondo Eisen e Rasmussen (1993) i pazienti ossessivi con sintomi psicotici apparirebbero, da un punto di vista psicopatologico, severamente più disturbati rispetto a coloro che hanno un DOC puro (non psicotico). 

Ganesan et al. (2001) suggerirono di considerare la comparsa di manifestazioni psicotiche nel disturbo ossessivo-compulsivo come un fattore prognostico sfavorevole, indicativo di evoluzioni infauste e scarsamente responsive al trattamento (farmacologico e/o psicoterapeutico) standard per il DOC.

Inoltre, in una ricerca di Pellizza e Pupo del 2013 è stato riscontrato che i pazienti affetti da DOC con manifestazioni psicotiche non si differenziano, rispetto a quelli privi di tale sintomatologia, per una maggiore gravità delle ossessioni e delle compulsioni esperite, ma appaiono caratterizzarsi per una psicopatologia ossessivo-compulsiva dal carattere più “atipico”: un’età d’esordio più precoce, una maggiore compromissione del funzionamento lavorativo, un decorso clinico più frequentemente “cronico”, una minore sintomatologia ansiosa, una più grave sintomatologia depressiva, una maggiore prevalenza di disturbo schizotipico di personalità e infine uno scarso insight nei confronti dei pensieri e degli impulsi. In accordo con quanto affermato da Giannelli (1998), una condizione clinica di scarso insight potrebbe agire come fattore psicopatologico facilitante la genesi di deliri in corso di DOC, favorendo la trasformazione delle ossessioni del paziente in idee deliranti. Infatti, dallo studio di Pellizza e Pupo emerge che i deliri risultano essere il sintomo positivo più frequentemente rilevato nel campione. 

In conclusione, i dati dello studio suggeriscono che questo particolare modo di manifestarsi del disturbo ossessivo-compulsivo, denominato dagli autori “DOC psicotico”, può essere considerato come un sottotipo distinto di DOC, con definite caratteristiche cliniche, prognostiche, psicopatologiche e personologiche, ponendo la necessità di attuare trattamenti preventivi in pazienti con questo tipo di diagnosi.

Tuttavia, dato che questi soggetti presentano una maggiore prevalenza di disturbo schizotipico di personalità, potrebbero essere considerati più come una peculiare condizione clinica appartenente ai disturbi dello spettro schizofrenico. Questa considerazione contrasta con la tesi di Insel e Akiskal (1986) i quali proposero di collocare gli individui affetti da disturbo ossessivo-compulsivo con manifestazioni psicotiche all’estremo clinicamente più grave dello spettro del DOC.

Nel 2006 Sevincok et al. suggerirono l’esistenza di un nuovo e distinto sottotipo di schizofrenia, definito con il termine di “OCD schizophrenia”, piuttosto che di una forma severa di disturbo mentale appartenente allo spettro del DOC. 

* Chiara Mariasole Carugati, Psicologa, Psicoterapeuta, Gruppo DP&P
** Asia Olivo, Psicologa, Tirocinante

Bibliografia

  • De Giorgio G., Attademo L., Moretti P. (2009). Comorbilità tra schizofrenia e disturbo ossessivo-compulsivo: prospettive per il DSM-V. Psichiatria e Psicoterapia, 28, 3, 198-221.
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  • Orlandi V., Gherardelli S., Bersani G. (2002). L’incerto confine tra Disturbo Psicotico ed Ossessivo Compulsivo nell’esame di quattro casi clinici. Rivista di psichiatria, 37, 3, 131-137.
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  • Weiss Roberts L., Louie A.K. (2017). DSM-5: istruzioni per l’uso. Milano: Raffaello Cortina Editore

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