Stefania Vaccaro*

Mio figlio non ha voglia di studiare

E’ come se non gli importasse nulla

Ah se  solo aprisse di più i libri quando è a casa, prenderebbe un sacco di bei voti!”

Queste e altre affermazioni le abbiamo sentite pronunciare, spesso, dalla bocca di un genitore, ci fanno capire quanto il problema della motivazione allo studio sia un argomento sempre attuale e che ci riguarda da vicino.

Dietro alla “voglia di studiare” ci sono, infatti, molti fattori da considerare, conoscerli è utile per apportare dei cambiamenti, superare quel vissuto di impotenza che, a volte, ci pervade e raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati. 

Ora, molti lettori, probabilmente, inizieranno a porse delle domande simili a queste: “che cos’è la voglia di studiare?“, “possiamo fare qualcosa per aumentarla?”, “ci sono delle strategie che promuovono il successo nello studio?”.

Per rispondere a questi quesiti, dobbiamo, prima di tutto, avere chiaro cosa significa apprendere, a tal proposito, una guida illuminante ci viene offerta dallo psicologo David Ausubel che, nei suoi studi e nelle sue ricerche, ha parlato di “apprendimento significativo”.

Secondo Ausubel, difatti, l’apprendimento non è un gesto meccanico; bensì un atto di trasformazione di conoscenze, un processo attivo attraverso cui diamo un significato alle conoscenze che già possediamo per poi integrarle con nuove informazioni.

Possiamo subito accorgerci che imparare è un atto creativo, che permette di allargare la visuale sulla situazione, approcciandola da più punti di vista, conseguentemente di valutare in modo più accurato la realtà circostante.

Ausubel prosegue affermando che: “l’apprendimento è tale se sviluppa capacità di problem solving, trasformando le conoscenze in competenze”, da qui ricaviamo l’importanza dell’applicazione delle conoscenze ad un contesto concreto, che le tramuta in competenze, cioè in “saper fare”.

MOTIVAZIONE ALLO STUDIO: ESTRINSECA ED INTRINSECA

Dopo aver dato una definizione più operativa di operativa di apprendimento, possiamo domandarci: “da che cosa dipende la disponibilità da parte di uno studente ad impegnarsi per svolgere un compito, con costanza, per conseguire un obiettivo?”, la risposta è nella motivazione.

La motivazione all’apprendimento è la forza necessaria per perseguire un obiettivo e la perseveranza per conquistarlo, possiamo paragonarla alla chiave di accensione del motore dell’auto, al carburante e alla spinta che possiamo dare sull’acceleratore del nostro comportamento. 

La motivazione all’apprendere è influenzata da diversi fattori, i cui principali sono: il significato, cioè l’interesse che assume per noi una certa “cosa” e la fiducia che abbiamo nel successo, che deriva dalla valutazione delle nostre capacità e delle condizioni esterne.

La motivazione non è la stessa per tutti, è utile proporre ad esempio la distinzione tra motivazione estrinseca ed intrinseca. 

La motivazione estrinseca è quella spinta generata da  motivi esterni, come l’ottenere un premio o una ricompensa; è il fare qualcosa per ricevere qualcosa in cambio (ad esempio studio per essere promosso), essa non è necessariamente negativa, a volte è il primo passo per avvicinarsi a qualcosa che diverrà significativo nel tempo.

Nella motivazione intrinseca, invece, il comportamento è mosso da motivi interni, come un obiettivo di crescita, di miglioramento, di cambiamento, di apprendimento, di gratificazione interna.

Essere spinti da motivi interni apporta maggior resistenza nell’affrontare i momenti più difficili, come gli imprevisti e gli insuccessi, aumenta il senso di efficacia, la consapevolezza ed il livello di soddisfazione.

UNA PIRAMIDE PER MIGLIORARE LA MOTIVAZIONE ALL’APPRENDIMENTO

Per sviluppare la motivazione intrinseca all’apprendimento è utile proporre ai ragazzi delle attività che possano promuovere il senso di controllo, fornire loro obiettivi chiari a breve e lungo termine e di difficoltà intermedia.

E’ opportuno risvegliare in loro la curiosità e presentandogli compiti che sembrano sfide con se stessi, più che attività ripetitive.

Uno strumento che utilizzo per lavorare con i ragazzi che si trovano in una fase di sfiducia e quindi di stallo con l’apprendimento, è il modello della piramide di Maslow; l’immagine della piramide, difatti, esemplifica bene il percorso necessario per conquistare un traguardo significativo per se stessi. 

Nel suo modello a piramide Maslow ipotizza che la motivazione possa essere vista come la conseguenza di un insieme di bisogni e desideri ordinati gerarchicamente, secondo i quali, l’uomo che ha potuto trovare soddisfazione ai bisogni primari fisiologici (che sono alla base della piramide), come ad esempio, la fame, la sete ed il sonno, può accedere ai livelli successivi per sviluppare le proprie potenzialità.

Per divenire protagonista dell’apprendimento ogni studente potrà fare un monitoraggio della propria situazione, verificando, passo dopo passo, la sua posizione sulla piramide dei bisogni di Maslow, trasformando queste mete in attività pratiche per divenire uno studente motivato e di successo.

  • Il primo obiettivo per poter essere efficaci sarà quello di assecondare i bisogni fisiologici, cioè, ad esempio di nutrirsi in modo corretto e risposare adeguatamente.
  • Il secondo obiettivo punterà a creare condizioni di sicurezza per apprendere, come il procedere ad una buona programmazione del tempo a disposizione da dedicare alle attività di studio o il preparare un ambiente di studio confortevole e privo di distrattori.
  • Il terzo obiettivo considererà i bisogni di appartenenza e di socialità, che includeranno l’importanza delle relazioni con gli altri, il confronto e la condivisione, il poter dedicare una parte del tempo libero ad attività ricreative per ottenere quel carburante utile a ritrovare la concentrazione.

Inoltre, si potrà valutare la possibilità di lavorare in gruppo in una modalità cooperativa, migliorando così le performance, le abilità sociali e la consapevolezza del proprio ruolo.

  • Il quarto obiettivo ci ricorderà il nostro bisogno di riconoscimento e di stima, che possiamo coltivare conoscendo i nostri punti di forza e gli aspetti da migliorare; concedendo a noi stessi la possibilità di sbagliare e di imparare dai propri errori, di portare avanti comportamenti e atteggiamenti in grado di influenzare positivamente la nostra autostima, il senso di capacità e di soddisfazione.
  • Infine il quinto obiettivo mira a raggiungere uno stato di benessere profondo: l’autorealizzazione, cioè la possibilità di affermare la propria identità, la persona che vorremmo essere, una persona capace di accettarsi, di aprirsi all’altro, di esprimere i propri punti vista in modo assertivo e utilizzare la creatività per risolvere problemi nuovi.

Proviamo a dire più spesso ai nostri ragazzi: “cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”, in questo modo apriremo ulteriormente la porta alla loro riuscita.

Stefania Vaccaro, Psicologa, Psicoterapeuta.