Questo timore , non così eccezionale in adolescenza, corrisponde a una paura caratteristica: quella di perdere il controllo di sé.

Può riflettere forti pressioni, di diversa origine: pressione dell’aumento dei desideri e della intensa paura che non si riescano a realizzare, per insicurezza o per l’immaginato rifiuto da parte degli altri; pressioni dei limiti esterni, genitoriali per esempio, insieme alla necessità di gestire l’amore nei loro confronti; pressione derivata dalle troppe incertezze sul futuro e sulla capacità di affrontarle, insieme al dubbio sulle possibilità di essere all’altezza delle aspettative; pressione legata alle contraddizioni e oscillazioni di cui il ragazzo è portatore, al suo bisogno per esempio degli altri che si oppone al suo bisogno di autonomia e di potercela fare da solo.

A volte le contraddizioni sono talmente forti da dare la sensazione di non riuscire più a contenerle, di essere quindi sul punto di esplodere: quella che viene cioè chiamata “follia”.

Le reazioni possono andare dall’espressione del malessere attraverso una forma di violenza esplosiva, direzionata verso il mondo esterno o verso il proprio corpo, al ripiegamento su sé stessi, con senso di impotenza, isolamento e disperazione.

In genere si chiama “follia” ciò che non si comprende, tanto più intensa quanto maggiore sarà la fatica a descrivere a parole ciò che si vive, e dunque a capire .

Questi momenti di forte  incertezza, di malessere non sono per forza segno di una malattia, ma non bisogna sottovalutare un timore così intenso.

La migliore risposta è aiutare a capire ciò che sta succedendo e a mettere in parole ciò che al momento si subisce, per poterlo gradualmente gestire e integrare, proponendo anche un consulto esterno competente.

 

Dr.ssa Valentina Miot

Referente Area Adolescenti e Giovani Adulti